Francesco Nucara e Giuseppe Ossorio al Tempio/Solo il Pri e i radicali sostennero le ragioni di Israele Accanto alla comunità ebraica romana Il segretario del Pri Francesco Nucara e l’onorevole Giuseppe Ossorio sono stati invitati dalla comunità ebraica di Roma che ricordava l’attentato alla sua Sinagoga del 9 ottobre 1982 e l’assassinio del bambino di due anni Stefano Gay Tachè compiuto da un commando armato palestinese. Con il Partito repubblicano, solo il Partito radicale era al Tempio di Roma. Pri e Radicali sono infatti le uniche forze politiche che nel 1982 si rifiutarono di incontrare Arafat in visita a Roma. pochi giorni prima dell’attentato. Alla cerimonia ha partecipato, con i presidenti delle Camere, il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Il quale ha il merito di avere fatto inserire Stefano nella lista ufficiale delle vittime del terrorismo, cosa che ancora non era stata messa in atto. Il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici ha voluto ricordare i successi compiuti della comunità, la sua crescita, la sua maggior sicurezza da quella tragica giornata ad oggi. Il rabbino Capo Andrea di Segni ha polemizzato a distanza con chi in quegli anni, dall’interno delle istituzioni, si permetteva di paragonare Arafat a Mazzini, dimenticandosi che Mazzini era sì un rivoluzionario, ma che non tollerava l’uccisione di inermi innocenti. Commozione per la testimonianza del fratello di Stefano, sopravvissuto all’attentato. ***** 9 ottobre 1982-2012 Perché non dimentichiamo Stefano Gay Tachè L’intervento israeliano in Libano nella primavera del 1982 fu seguito da una violenta recrudescenza antisemita in tutta Europa. Cimiteri, scuole israelitiche, luoghi di culto ebraici finirono nel mirino. A Roma, sul muro della piccola sinagoga di Via Garfagnana, una notte venne affisso uno striscione con sopra scritto: "Bruceremo i covi sionisti". Sempre a Roma durante un corteo sindacale si distaccò un gruppetto di manifestanti che depose vicino alla Sinagoga una bara di cartapesta. Il comunicato della con le scuse alla comunità ebraica per quell’atto inconsulto appariva tanto imbarazzato e reticente che quasi sarebbe stato meglio lasciar perdere. Quando il 9 ottobre ci fu l’aggressione alla sinagoga in cui rimase ucciso un bambino di appena due anni, Stefano Gay Tachè, il rabbino capo Toaff fu costretto a supplicare il presidente Pertini a non presenziare alla cerimonia funebre, dopo che il Quirinale aveva accolto come un eroe dell’umanità Yasser Arafat. Il leader dell’Olp era giunto in Italia pochi giorni prima dell’attentato e fu trattato come un benefattore. Si presentò armato delle sue rivoltelle alla Camera dei deputati come se niente fosse, sotto gli occhi entusiasti del presidente Nilde Jotti. Furono solo i repubblicani, con il presidente del Consiglio Giovanni Spadolini, a protestare per l’accoglienza riservata al capo del terrorismo palestinese e, accanto a loro, il Partito radicale di Marco Pannella. La comunità ebraica romana, che ha ricordato a trent’anni di distanza l’attentato alla sua Sinagoga, ha infatti invitato solo i rappresentanti di due partiti politici: i repubblicani e i radicali. Francesco Nucara e Marco Pannella hanno assistito alla cerimonia della ricorrenza. Con loro il Capo dello Stato Giorgio Napolitano che ha inserito il piccolo Stefano fra le vittime del terrorismo. Nemmeno quello era stato ancora fatto. Il 9 ottobre 1982 resta un’onta per lo Stato italiano: si pensi al fatto che il commando terrorista non trovò mezzi delle forze dell’ordine sulla sua strada di sangue. Rimane un’onta che non si sia nemmeno conosciuto esattamente il numero degli attentatori e che nemmeno uno di questi sia stato catturato. Rimane un’onta che la Giustizia italiana, in tutti questi anni, abbia avuto altro di cui occuparsi. L’unico degli assassini identificato e condannato all’ergastolo, ha vissuto indisturbato nella Libia di Gheddafi. Nessuno è mai riuscito ad ottenerne l’estradizione e dubitiamo che, nonostante la morte di Gheddafi, qualcuno dalla Libia possa estradarlo oggi. Quando nemmeno la democratica Germania condanna gli autori della strage di San Saba, figurarsi se la Libia se la prende con un suo cittadino per aver ucciso un piccolo ebreo. Aveva solo due anni Stefano Gay Tachè. Noi non lo abbiamo dimenticato e non lo potremo dimenticare. Perché si tratta di una vittima del terrorismo e di una vita di un bambino spezzata, ma anche del disprezzo, della noncuranza, della falsa mitologia che in Europa ed in Italia si sono coltivate per anni e che hanno fatto del popolo ebraico un bersaglio. L’antisemitismo è un’infezione virale del nostro continente che non si è mai estinta. Cambia forma e pelle a secondo delle sue esigenze. Noi non cambiamo. Siamo sempre gli stessi, pronti a combatterlo comunque questo si presenti. |